Il percorso di un artista è imprevedibile.
C’è chi insegue una sensazione o una visione per tutta la vita, cercando di esprimerla al meglio.
C’è chi persegue la maestria in una certa tecnica, affinando doti e strumenti all’infinito.
C’è chi cambia continuamente stile alla ricerca di non si sa bene cosa.

A me succedono un po’ tutte e tre le cose.

Ho avuto la “fortuna” di vivere la grande transizione, quella in cui sono comparsi gli strumenti digitali: computer, software e stampanti.
Così, dopo anni passati con pennelli e tubetti (ma anche tanti altri materiali), verso la metà degli anni ’90 ho iniziato a cercare anche nel digitale un modo nuovo ed esteticamente valido di fare arte. Una ricerca che è in parte illustrata nella mia tesi di laurea Arte Digitale Capitolo Uno ed è culminata nella pubblicazione del Manifesto Amplificato dell’Arte Digitale Figurativa.

Classico e digitale sono due modi diversi di agire, di pensare e di raffigurare, due mondi tra i quali ho sempre cercato di mantenere un collegamento, perlomeno etico.

Della prima fase restano alcune testimonianze, le serie Budini Rossi e Madri Azzurre e Spazio Biomorfico Positivizzato.
Si tratta di dipinti ad olio e tecniche miste con vernici, smalti e applique realizzati su carta, tela e legno.

La seconda è composta da numerose fasi di ricerca.
Con la prima, Homo Sapiens Marsupialis, ho affrontato il fotoritocco.
In seguito, con Dee, ho sperimentato ogni tipologia di manipolazione dell’immagine.
E poi Mask, ritratti creati interamente al computer; Poppart, dedicata a una precisa parte anatomica; e infine i Nochart, astrattismo sui generis che sfrutta la pareidolia. Questi lavori digitali vengono stampati su carte pregiate, legno, vetro, alluminio, tela e molti altri materiali.

Arriviamo così a chiudere il cerchio.
L’adozione delle diverse tecniche di stampa e la ricerca formale influenzata dalla grafica mi portano alla creazione di opere più semplici e di facile lettura.
Entro a piè pari nel mondo dell’Arte Applicata, realizzando interventi personalizzati su mobili, tessuti, oggetti e interi ambienti, sviluppando uno stile a mosaico eclettico e versatile che ho chiamato Ch’Art.